La riforma della disciplina della class action, come approvata dalla Camera dei Deputati, arrecherebbe sicuramente danni enormi a tante imprese.
Si tratterebbe di un atto di vero e proprio autolesionismo legislativo, stante la qualità della legge in vigore, riconosciuta a suo tempo come best practice a livello europeo.
Le innovazioni proposte sono indicative di un clima anti industriale che, se dovesse consolidarsi in normativa vigente, pregiudicherebbe le prospettive di rilancio dell’impresa e dell’economia nel nostro paese.
L’estensione delle ipotesi di illecito extracontrattuale che potrebbero dar luogo all'attivazione della class action, attualmente circoscritte opportunamente alle pratiche commerciali scorrette e ai comportamenti anticoncorrenziali, rischia di innescare un meccanismo a catena, favorendo la frammentazione delle rivendicazioni e snaturando la funzione stessa dell'azione di 'classe', basata sul concetto di omogeneità degli interessi rappresentati.
Diversi altri aspetti della proposta di legge approvata dalla Camera costituiscono altrettante mine vaganti, destinate a ingenerare un surplus di contenzioso e, quindi, ad aggravare inutilmente i carichi pendenti di una giustizia civile già poco efficiente.
Un provvedimento così mal congegnato finirebbe con l’avere ricadute ancora più deleterie in aree come quella napoletana e nell’intero Mezzogiorno, in cui la crisi economica ha colpito più duramente l’apparato produttivo, determinando la perdita di circa un quarto del tessuto manifatturiero.
Occorre pertanto che nel corso del successivo iter parlamentare l'impianto normativo sia radicalmente rivisto.

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